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lunedì 25 marzo 2013

Beethoven - Gli ascolti (link n°2 ) a cura di Giovanni




La Sonata op.110 fa parte del ciclo di ultime tre Sonate per pianoforte scritte da Beethoven quasi in contemporanea intorno al 1822. È in La bemolle maggiore, tonalità che ispirerà a Chopin meraviglie sonore di ogni genere, alcune delle quali probabilmente affondano le radici proprio in questa esperienza beethoveniana.
A differenza delle altre Sonate, non porta alcuna dedica. Il Romanticismo si affaccia anche qui, con la necessità di sfogliare parallelamente all’opera anche la biografia del compositore: Beethoven era appena uscito da un periodo di grave malattia che gli aveva fatto temere lungamente il peggio, senza dimenticare la battaglia legale (1816-20) per l’affidamento del nipote Karl, un giovanotto intelligente ma ribelle che, schiacciato dalla presenza invasiva dello zio (il quale aveva riversato su di lui tutte le ansie di un cinquantenne dimostratosi inadatto a formarsi una famiglia propria), tenterà il suicidio nel 1826 – tornando anzi a casa dopo averlo accompagnato al servizio di leva, a bordo del carro scoperto di un lattaio in piena tempesta, Beethoven contrarrà una grave polmonite dalla quale non si riprenderà più.
La mancata dedica risulta pertanto una simbolica dedica a sé stesso, unita a quella religiosità frugale, apparentemente lontana dall’assidua frequentazione di chiese e scadenze liturgiche ma spesso assai più genuina e sincera di quest’ultima, che ha spesso caratterizzato l’animo degli artisti (rimproverato per le scarse presenze in sinagoga, Chagall rispose un giorno: «Io prego mentre dipingo»). Da segnalarsi la duplice ripresa del terzo movimento, nel binomio Adagio – Fuga. L’interpretazione di Edwin Fischer, pianista svizzero che ha legato il suo nome soprattutto a Beethoven Schubert Mozart e Bach, datata 1938 è una delle migliori in assoluto, lineare e semplice, completamente priva di quegli orpelli formali che hanno invaso interpreti più recenti e totalmente anti-esibizionistica (aspetto che dovrebbe essere fondamentale per qualsiasi interpretazione beethoveniana).

Giovanni Piana

Riflessi

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