lunedì 18 maggio 2009

Lettera a Marilena

Per Lettera a Marilena

Le parole mettono in cammino. Sono il viaggio e insieme il luogo dove ci si incontra: terre inesplorate e continui orizzonti. Non sempre e non soltanto suoni: anche il silenzio è parola, pellegrinaggio in sé e nell' "altro da sé".

Possono essere troppe, le parole,a volte troppo poche.

Ma non importa chi è stato, che cosa ha detto, come lo ha detto o quello che non ha detto. Non importa neppure se nulla è stato detto perché non c'era nessuno a parlare o ad ascoltare. Le parole viaggiano comunque, anche quando apparentemente nessuno le parla e nessuno le ascolta.

Non importa quello che avrebbe potuto essere e non è stato o quello che è stato veramente, neppure quello che potrebbe essere ancora, o quello che davvero sarà.

Tutto questo è doloroso, ma bello. Ha una bellezza tutta sua, perché qualunque cosa sia, comunque sia, sai che arriva ad una meta, ad una fine che non è un arresto, perché non ha il vuoto davanti: è proprio da quella fine che tu hai inizio.

Sei tu quella che finalmente nasce, quella che decide, che sceglie di vivere e di far vivere i sogni.

Le parole su cui abbiamo viaggiato in questi nostri incontri mi hanno dato molto. Molto di me stessa, intendo. Anche se la prima ferita ce l'hanno inferta altri, più o meno consapevolmente e quando più eravamo senza difese, la violenza più dolorosa e più assurda è quella che facciamo a noi stessi giorno dopo giorno, quando riviviamo in noi non solo il ricordo delle parole o dei silenzi subiti, ma mettiamo in scena i modelli che ci hanno plasmato, i copioni che abbiamo appreso, i ruoli, sempre gli stessi, così rassicuranti nella loro tragicomica quotidianità...

Questa violenza ti blocca, restringe i tuoi orizzonti, così che dovunque ti giri, il naso e gli occhi sbattono davanti allo steccato di un recinto, e non importa se è coperto da tralci di rose rampicanti e profumate, è sempre un recinto, una gabbia, dorata, magari, ma sempre una gabbia. Palizzate e sbarre indurite dai depositi alluvionali di parole che si sono accumulate nel tempo. Parole che sono cresciute attorno alla carne, si sono avvinghiate all'anima come quei rampicanti parassiti che radicano sui tronchi degli alberi e li soffocano a morte.
Parole come quegli orribili fili metallici che annodano agli alberelli per ridurli a bonsai: parole che non lasciano crescere secondo natura.

Cara Marilena, le parole che abbiamo condiviso mi hanno dato la chiave per uscire, per spiccare il volo. Il coraggio di fare un gran salto e atterrare dall'altra parte su quattro zoccoli ben saldi.

C'erano una volta un cigno che credeva di essere un brutto anatroccolo e un cavallo selvaggio che credeva di essere un somaro. Ora sanno che cosa sono veramente, si sono specchiati nelle parole.

Certo, il cielo aperto con le nuvole e le montagne e l'immensità della prateria con i boschi, i laghi, i fiumi, il mare con gli abissi infiniti come i suoi doni, tolgono il fiato e danno un po' di vertigine. Perché la libertà è vertiginosa.
Ci saranno momenti in cui il cigno rimpiangerà la gabbia e il cavallo sognerà il riparo sicuro del suo recinto, ma grazie alle parole su cui abbiamo viaggiato saranno solo momenti.

Le parole possono essere anche colori, nonostante, come questi che vedi, siano segni neri su bianco. I nostri incontri mi hanno fatto riconoscere in me i colori primari: tre, guarda caso. Non saprei dire se il Rosso è il Genitore, il Blu l' Adulto e il Giallo il Bambino, è così che li immagino...ma di sicuro sarà interessante lavorare sulle mescolanze. Naturalmente senza la pretesa di Appendere il Quadro Perfetto. Non mi va di contemplare un disegno sempre identico a se stesso che ammuffisce sul muro. Può essere tranquillizzante, ma sa sempre di muffa.

Un bellissimo racconto di Piumini, "Lo Stralisco", parla di un pittore che realizza un quadro utilizzando tutte le pareti della stanza di un bimbo malato, un quadro che muta continuamente, perché lui lo ritocca sempre, seguendo le indicazioni e le osservazioni del bimbo.

Forse è questa la vera perfezione e insieme il compito delle parole: spingere la gente a mutare, seguire e inseguire, sognare, lottare, salire su di un cavallo bianco e saltare tutti gli ostacoli, o volarci sopra, come solo un uccello sa fare.

Fermo restando che ci sono anche ostacoli fatti di nebbia: o si ha la pazienza di aspettare che si diradino, o si trova il coraggio di passarci attraverso. 
                 
Riyueren