martedì 30 aprile 2013

Le scarpe

April Afternoon


Non riuscivo a fermare i miei passi:
calpestavo la strada e me stessa.
Ma eran belle le scarpe che avevo!
Solo quando le ho tolte ho capito,
quando ho visto le piaghe sui piedi,
le ferite che l'occhio non vede:
mi abbagliavano il cuore, le scarpe!
Le ho lasciate da parte in silenzio.
È da allora che scalza cammino:
quando ha nuda e indifesa la carne,
la persona procede più attenta.

Riyueren

Vorrei dirmi tante cose, perché stasera parlo a me stessa. Condivido, come sempre, quello che trovo. Ma stasera mi abbraccio di parole, le immagini le ho messe tutte su Mutazioni.

A volte succede che le scarpe non siano poi così comode, ma uno continua a camminarci sopra, anche per il fatto che al dolore ci si abitua...specialmente quando le scarpe sono belle... così belle da abbagliare il cuore... così che gli occhi non vedono le piaghe e l'anima non sente alcun dolore, mentre la strada la va sgretolando pian piano.

April Afternoon


Ci si cammina addosso, ci si calpesta.

Poi, dopo tanto tempo (perché sembra che arrivi una specie di illuminazione, ma in realtà molto tempo è trascorso, tempo di domande, tempo di riflessioni) ci si rende conto che le scarpe non sono della nostra misura, non sono comode e feriscono i piedi.

Ci vuole ancora del tempo, quello necessario per guarire, una volta che le scarpe sono messe via.

Meglio camminare scalza. Perché quando sai di andare a piedi nudi stai un po' più attenta. E l'anima non ha più le scarpe strette.

Diciamo che ci si sente più leggeri. Quasi in volo.

After the Wind

domenica 28 aprile 2013

Beethoven - Gli ascolti ( link n° 6 - Cristo sul colle degli ulivi - Missa Solemnis ) a cura di Giovanni




Torniamo alla produzione vocale di Beethoven. Il Christus am Olberge (Cristo sul Colle degli ulivi) è basato sull’episodio evangelico che precede l’arresto e la crocifissione di Gesù. La stesura dell’oratorio avvenne nel 1803, ma fu pubblicato soltanto otto anni più tardi. 

Ottenne un buon successo, ma oggi viene rappresentato raramente a causa delle forti influenze mozartiane, che lo fanno considerare una delle produzioni più convenzionali di Beethoven. 

Ciò nondimeno, rappresenta l’unico cimento di rilievo nella sua produzione sacra sino alla Missa solemnis.


Quest’ultima viene composta invece quasi parallelamente alla Nona Sinfonia, condividendone la geniale inventiva musicale e l’intreccio tra orchestra, coro e voci soliste. L’esecuzione che vi propongo è affidata ad un mostro sacro come Leonard Bernstein, sul podio del Concertgebouw di Amsterdam.

Giovanni Piana







sabato 27 aprile 2013

Dandelions

Wings of dream


Come foglie in un mondo senza vento
e come onde di un mare senza rive,
così al silenzio andiamo e i nostri occhi
spalancati nel buio di domande
portiamo sulle mani per toccare
quello che non vediamo e sta nel cuore:
che siamo noi il vento e le sue rive.

Riyueren


Ho fotografato i soffioni. Ho cercato di capire quello che hanno dentro, quella capacità di abbandonarsi al vento che forse non è nemmeno fragilità, forse è qualcosa di più grande, forse è coraggio...ma è sicuramente poesia


Wings of dream


Ho parlato ai soffioni, anche brontolando, perché non riuscivo a capirne l'essenza. Ma sono stati loro ad arrivare a capire la mia. 

Colpita al cuore.


Wings of dream



La Fotografia è una grande maestra, abitua i tuoi occhi a guardare all'interno... e un'amica: ti aiuta a comprendere quello che altrimenti in te sarebbe oscurità. 

Fotografare per ... fare luce.


Dandelions

domenica 14 aprile 2013

Beethoven - Gli ascolti (link n°5:Trio dello Spettro op.70 n.1 e link n°6:Quartetto op.132 ) a cura di Giovanni



The House



La musica da camera rappresenta uno dei pilastri dell’arte del cigno di Bonn. Al suo interno, meritano una particolare attenzione i Trii per violino, violoncello e pianoforte, e i Quartetti d’archi.
Il Trio proposto fa parte del cosiddetto periodo di mezzo, ed è soprannominato Trio dello Spettro (non “degli Spettri”, come ignominiosamente viene tradotto da molti discografici ed editori) per le atmosfere di suspense e “thrilling”, volendo usare un termine commerciale. Particolarmente evidente negli infiniti tremoli del secondo movimento. L’esecuzione è affidata a tre interpreti d’eccezione: l’anziano violinista Isaac Stern ed i più giovani Yo Yo Ma ed Emanuel Ax. Il tutto è impreziosito dalla voce narrante fuori-campo del celebre attore Gregory Peck.







The House


Il Quartetto d’archi op.132 appartiene all’ultimissimo periodo della produzione di Beethoven, a pochi mesi dalla morte. La mia scarsa competenza, triste a dirsi, di questo ramo della musica da camera priva del pianoforte mi spinge esclusivamente ad invitare l’ascoltatore ad immergersi in questo magma sonoro che ha pochi eguali nella storia della musica, affidato allo straordinario Borodin Quartet.


Giovanni Piana 




sabato 13 aprile 2013

Riassunto

Things are us


Dalla memoria cadono i ricordi,
lacrime di colore lungo il volto:
un suono caldo leviga la pelle
un suono freddo scava le mie labbra.
Verrà l'inverno a sciogliermi d'assenza,
ma è così quieta, l'ombra, nella luce!

Riyueren


Una serie di scatti "casalinghi" (ora tutti su Mutazioni, qui ce ne sono solo alcuni) dovuti soprattutto al mio non star bene di questi ultimi giorni, e la mia anima nomade è ripartita per uno dei suoi viaggi: destinazione sconosciuta, lo saprò all'arrivo, come al solito.


Things are us (b/w is me)


E prima ancora, molto prima, la rilettura integrale di Innerland, da cui sono iniziati (e terminati, in un caso almeno) tutti i miei viaggi: volevo raccogliere in un file di Word tutte le poesie... cosa che mi ha letteralmente obbligata a rileggere anche il resto... parole che avevo dimenticato e anche parole che volevo dimenticare.

Things are us


Così questo post è un riassunto del riassunto... uno di quei giorni che ti segni sul calendario (non uso più l'agenda da un pezzo) lo guardi prima di scriverci... poi prendi un bel pennarello, uno di quelli rossi e grossi, e lui schizza via da solo: "da qui".
"Da qui", da me, da me soltanto, da me sola.

Things are us


Vedere l'elastico che è stato Innerland, vederlo tutto nella sua interezza, nell'interezza delle assenze, solo mie, peraltro, le assenze da me stessa, più che le cadute ... l'effetto è stato "grandioso": già, un dolore grande.

Things are us


Ma, come ho scritto, l'ombra è molto quieta, ora, si riposa... e lo fa grazie alla luce ... di cui, in fondo, non è altro che l'abbraccio.


Things are us (b/w is me)

mercoledì 10 aprile 2013

Sogno di luna

Moondream



Quello che non so ancora è nel mio sguardo,
così i miei occhi vanno a cuore aperto
in questo mondo-specchio sempre infranto
di verità, mosaico senza pace.
Non mi ferisce più la luce forte:
non sono che un minuscolo frammento
che nelle cose si riflette a fuoco,
e quando è al buio si cammina dentro.

Riyueren

Self ...divertimento

venerdì 5 aprile 2013

Beethoven - Gli ascolti (link n°4) a cura di Giovanni




Non volendo però dare la sbagliatissima impressione che solo gli artisti d’area austro-tedesca sappiano cimentarsi con Beethoven, vogliamo rivolgerci ad uno dei più grandi pianisti del secolo scorso, il sovietico Emil Gilels. Artista dal repertorio immenso, nella migliore tradizione russa, sofferse per l’intera esistenza un certo dualismo con un altro grande, Sviatoslav Richter. Genio e regolatezza il primo, genio e sregolatezza il secondo. Gilels è sempre stato descritto, ingiustamente, come “l’accademico” e Richter come “il fuoriclasse”.

 In realtà Gilels era un artista completo ed inarrivabile sotto tutti i punti di vista, e verso i cinquant’anni d’età dimostrò egli stesso di saper stupire il pubblico: come quando a Locarno, ormai prostrato da gravi problemi cardiaci, sostituì le micidiali Variazioni su tema di Paganini di Brahms con sette Sonate di Domenico Scarlatti; tutti pensavano che sarebbe stata una delusione ed una noia, invece fu probabilmente l’ultimo concerto memorabile di Gilels in area italiana, l’ultimo di una lunga serie beninteso.

A differenza di Richter, più selettivo nel repertorio, Gilels incise più volte l’integrale dei Concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven con collaboratori ed orchestre non sempre sovietiche. Dovendo fare necessariamente delle scelte per questa pubblicazione, abbiamo scelto di orientarci non già sull’epico Concerto-Imperatore (il Quinto), ma sul poco conosciuto Quarto.

 Una delle creazioni più enigmatiche e complesse di Beethoven, dove è incredibilmente il pianoforte solista ad annunciare la più piccola cellula tematica, poi ripresa dall’intera orchestra. 

Notevole anche il secondo movimento, un inciso apparentemente breve, in realtà ricco di micro-tensioni musicali scambiate fra solista ed archi. 

Il terzo infine è un’autentica esplosione di gioia. Backhaus paragonò questo passaggio tra secondo e terzo movimento alla leggenda di Orfeo che angosciato cerca di condurre l’amata Euridice al di fuori degli abissi dell’Ade; entrambi poi fuggono verso la riconquistata libertà, in un inedito finale positivo del mito.

Quella della felicità universale è una delle assi portanti del credo beethoveniano, ben espressa nell’opera Fidelio e nell’Inno alla Gioia. Un incondizionato amore universale che non guardava in faccia nessuna convenzione sociale.

Il discorso sulla cellula d’apertura del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra mi permette una piccola digressione tecnica sulle capacità compositive di Beethoven. A differenza delle lunghe e sinuose melodie di Mozart e Haydn, Beethoven costruiva il proprio materiale basandosi su piccoli spunti poi arricchiti grazie all’inarrivabile tecnica orchestrale e pianistica. Il celeberrimo ed immortale incipit della Quinta Sinfonia è costituito da otto note: non c’è altro. Il primo movimento prosegue affidando a varie sezioni del complesso orchestrale il prosieguo dell’idea di base, intramezzato da alcuni spunti melodici.

 La genialità partendo da ingredienti minimi: ecco uno dei segreti dell’arte di Beethoven.

Giovanni Piana

Feathers

martedì 2 aprile 2013

Cicatrici di libertà

Catene


L'unità di misura del dolore
non è il Tempo, l'assenza o la presenza:
è quel non detto che è fra noi sospeso,
dove il silenzio dondola i suoi giochi.

Riyueren



... in mare aperto, indosso le mie cicatrici di libertà... sono le mie vele, le mie ali... il cuore è al timone, gli occhi ormai sanno leggere gli orizzonti davanti e all'interno... se dolore c'era, l'acqua lo ha dissolto, ne rimane nell'anima un gusto come di sale a insaporire il viaggio.


Un pomeriggio al mare