domenica 28 dicembre 2008

Imago Buddha


Giardino Zen


Il volto
IMAGO BUDDHA


Palazzo Ducale • Loggia degli Abati • Genova

29 Novembre 2008 – 18 Gennaio 2009        


apertura al pubblico
da Martedì a Domenica dalle ore 10 alle ore 19

(chiusura festivi: 25, 26 Dicembre • 1, 6 Gennaio)

I miei amici del CELSO, l’Istituto di Studi Orientali  http://www.celso.org si staranno chiedendo come mai non ho ancora scritto niente sulla mostra di cui sono curatori, sapendo che ci sono già stata due volte.
Imago Buddha è una mostra speciale: per poterne parlare, e, nel mio caso, scriverne, non basta andarci una volta soltanto. E bisogna lasciar decantare le emozioni, prima di farle "cantare".

Ci sono stata due volte, ma conto di andarci ancora … magari come per la mostra sulla Via della Scrittura –La calligrafia Cinese: l’ho visitata 4 volte.
Perché ci sono mostre che ad ogni visita ti “danno” qualcosa. E forse qualcosa di te “prendono” (nel senso di "sfrondarti"del tuo superfluo), in una specie di scambio in cui nessuno dei due perde, ma ci si arricchisce entrambi.
Come al solito, cercherò di trasmettervi quello che ho provato anche se penso che lo vedrete più nelle immagini che nelle parole scritte ( a parte il fatto che molte delle emozioni vissute durante le mie visite alla mostra le avete già lette, e ancora leggerete, in forma di haiga, tanka, choka o renga, qua e là su Innerland).
Cosa si potrebbe scrivere, infatti, su di una mostra che ha per titolo “Imago Buddha”?
Cercherò di de-scrivere l’atmosfera.Il Sermone silenzioso
Intanto,per entrare nella Loggia degli Abati, bisogna scendere … e questa è già un’emozione ed un simbolo, in un certo senso, di viaggio all’interno, al “cuore” di un qualcosa.
Pareti nere, di un nero morbido e avvolgente … come trovarsi nel bel mezzo di un cielo notturno e sereno: le stelle sono le sculture, che sembrano brillare di luce propria. E ci sono parole, chiare, sulle pareti scure, che ti accompagnano in viaggio.
Ci sono non soltanto le stelle ( le sculture) ci sono anche le ombre, delle stelle, cioè le ombre delle sculture, fra loro stesse e sul muro. Un gioco di luci, contorni, profili, riflessi … geometrie sacre di cui anche chi osserva, camminando, fa parte.Ombre
La prima volta ho scattato foto, perché le immagini ti catturano in modo esclusivo, come sempre, del resto.
La seconda volta i miei occhi hanno bevuto il silenzio quel silenzio nascosto e come sospeso nelle voci dei monaci (ci sono video e registrazioni che accompagnano la visita) e ho cominciato ad andarmene in giro sorridendo: camminavo in modo sacro, all’uso indiano, e ne ero perfettamente consapevole.
Quella camminata in cui sei una cosa sola con quello che i tuoi occhi vedono mentre i tuoi passi lo sono con la terra che toccano, perché, al di sotto del pavimento, la tua anima poggia sull’erba e su radici di tempo.

La cosa che mi ha colpito di più è stato leggere come la rappresentazione del Buddha, agli inizi (II sec. a.C.) non fosse antropomorfa, ma simbolica, attraverso oggetti ed elementi naturali particolari, tratti dalla tradizione iconografica induista:
-      La Ruota (che rappresenta il dharma, la dottrina)
-   L’ albero (la bhodi, il risveglio)
-      Il fiore di Loto (la purezza della mente e dell’insegnamento del Buddha)
-      L’impronta vuota del piede (unica traccia).
Quanto alle sculture, non so come potrei descrivere a parole la sensazione che mi hanno trasmesso. La luminosità che sprigionano dal loro interno: ho pensato alla Danza Cosmica presente in ogni cosa sulla terra, tanto più vibrante quanto più la materia è densa.

Alla mia seconda visita mi sono seduta sul cuscino nero e rotondo davanti al Giardino Zen. Non c’era gente, e comunque a me non importava: me ne sono stata un po’ a gustarmi quel silenzio, quelle onde di sabbia e quei fiori di pietra. Poi, prendere in mano la fotocamera e scattare da seduta … è stato come pregare, non saprei che altro termine scrivere.
Quando ho cominciato a fotografare stando in ginocchio, sono passate un po’ di persone, ma io ormai ero una cosa sola col giardino, mi sembrava persino che respirassimo insieme.
Invito chiunque voglia andare alla mostra, ad usare quel cuscino: sedetevi, e guardate il giardino negli occhi, non solo dall’alto del nostro essere umani. Mettetevi all’altezza delle pietre, chinatevi sulle onde di sabbia … perché questo giardino insegna a guardare, vuole essere guardato da tutti i punti di vista. Troverete sicuramente il vostro. Un Maestro sa qual è la domanda che tormenta il suo allievo, la sa prima ancora che l’allievo la formuli … e sa anche che la risposta è nell’allievo stesso, solo che lui non sa “vederla”.

La prossima visita, che sarà la terza e non certo l’ultima, andrò direttamente al giardino. A porre domande. E a vedere le risposte. Perché sono sicura che le “vedrò”.
Riyueren
P.S. Molto altro, troverete, alla mostra: clikkate sul link del CELSO, all’inizio del mio scritto, e fate un viaggio nelle iniziative dell’Istituto. Io, qui, ho voluto solo condividere le mie emozioni, niente di più.
Giardino zen
Mostra Imago Buddha
Luci ed ombre
Mostra Imago Buddha

sabato 26 luglio 2008

Innerland 26 luglio 2008

Il Giardino


“Non so da quanto fosse lì. Se c’era  prima di me o siamo arrivati insieme. Non so:non m’importa.
L’unica cosa certa è che l’ho visto quando mia madre,allora la chiamavo “mamma”,mi ha rimproverato per qualche cosa che avevo fatto,o detto:qualcosa che non andava bene,comunque. Perché non andava bene niente. Mai.
Sono scappata via senza muovermi di un millimetro, isolata da un velo di lacrime:nascosta,invisibile.
E quello è stato il primo passo. E’ così che l’ho visto.
C’era una scala coi gradini di legno,tante tavolette scolorite da chissà quante piogge. Scendeva,la scala:sono scesa anch’io. E l’ho visto. E ho capito da dove venivano quei profumi che ogni tanto il vento mi suggeriva all’orecchio.
Era spoglio. Niente aiuole. Niente fiori. Il giardino era su due piani. Scendeva e poi risaliva in una terrazza.  Ma c’era tanto spazio .E molta terra da poter lavorare.
La prima volta l’ho solo guardato. E lui ha guardato me.
Non ci siamo detti niente. Solo riconosciuti.
Mi sono vista nei suoi occhi. Lui,nei miei.
“Laggiù metterò una bella vasca coi pesci,così potremo specchiarci meglio”-gli ho detto,prima di andarmene.
Mi ha risposto che per lui andava bene. Me lo ha sussurrato nel vento.
Sono tornata ancora. Altre volte. Molte.
Tornavo da lui perché sapevo che mi aspettava.
E lui mi aspettava,perché sapeva che sarei tornata.
Ancora spoglio,tranne qualche ciuffo d’erba che spuntava qua e là,in mezzo a tutta quella terra che mi abbracciava.
Poi sono venuti i tempi della scuola. E lui mi ha parlato dei semi che avrei dovuto piantare. “Semi speciali- diceva - Vedrai…”
Così ho incominciato a portarmi dietro i libri da studiare. Lui mi ha insegnato che le parole sono fiori bellissimi. E che la poesia è un albero:ha radici nell’anima e rami di carne in un cuore sempreverde. E’ una stagione che non conosce stagioni,ma tutte le racchiude.
“Seminami!- mi ha detto un giorno- Dammi un nome! Ed io l’ho seminato spargendo le mie parole,così come mi aveva insegnato. E l'ho chiamato Innerland.Come un quadro
E’ sempre più vivo. Sempre più mio. Attraverso di lui io so che esisto. Appartenendo a lui,io so di essermi e avermi.
Quando io lo guardo e lui guarda me,sbocciano parole profumate.
Siamo cresciuti insieme,come un’unica cosa.
“Che succederà,quando non potrò più venire a trovarti…quando dovrò andarmene?- gli ho chiesto.
Allora mi ha raccontato la differenza tra le stelle e le lucciole. Mi ha detto che le lucciole sono stelline di Terra, appena nate. “Un po’ come noi due- ha sorriso- fanno le prove di Luce qui sulla Terra, poi diventano stelle”.
Poi ha aggiunto che quando sarà il momento mi terrà per mano. Basterà chiudere gli occhi.
Andremo semplicemente in un giardino più grande.”

Riyueren

domenica 27 gennaio 2008

da "Il Tao della vita quotidiana" (Deng Ming Dao) CONCHIGLIA


Sulla riva


"Tutte le conchiglie ruotano attorno al loro interno. Per questo è il centro ciò che è importante.

Molte conchiglie sono di grande bellezza. Ma che cosa ha maggior valore? La bellezza esteriore? O la vita all'interno della conchiglia?

La conchiglia è una grande corazza. Protegge la creatura marina dagli attacchi dei predatori. Ma tutte le creature delle conchiglie devono avere un'apertura. Devono respirare, mangiare, espellere gli escrementi.

Per quanto sia grande la corazza, deve avere un'apertura. Noi che seguiamo il Tao possiamo imparare qualcosa dalla conchiglia. Anche se cerchiamo di proteggerci, la vera vita ha luogo nell'apertura, non nella chiusura.

L'utilità della conchiglia consiste nel suo spazio. Dopo tutto è il vuoto della conchiglia che permette alla creatura marina di viverci dentro. Allo stesso modo il seguace del Tao dovrebbe cercare gli spazi nella vita. Sono questi i canali attraverso i quali scorre il Tao e attraverso i quali possiamo affermare la nostra volontà.

E' difficile vivere la vita senza un guscio. Ma è bene ricordare che sono il centro e l'apertura ad essere importanti. La conchiglia serve solo a rappresentare il valore."


Commento di Riyueren: quando scrivo che sono una conchiglia di carne è proprio questo che intendo. La vita è apertura, non chiusura.

Questo blog è la mia apertura, in un certo senso. E' per questo che ci scrivo, anche un po' troppo, vero? Certo non è un giornale, non s'è mai visto un periodico aggiornato più volte al giorno...insomma, questa non è una testata giornalistica, ma un insieme di zuccate (lupesche). La mia autoterapia, ecco.

Pos(t)ologia: scrivere 1 o 2 post al giorno, secondo l'occorrenza, preferibilmente dopo i pasti. Si segnalano alcune interazioni: il medicinale interferisce con lo svolgimento delle attività domestiche. Attenzione: potrebbe dare assuefazione. Però stimola la circolazione, quella cerebrale, soprattutto. Farmaco indispensabile, un salvavita. La redazione di Splinder verrà proposta per i Nobel di Medicina, Letteratura e Pace (dell'anima).

Buona Domenica a tutti!  

sabato 26 gennaio 2008

da Il Tao della vita quotidiana (Deng Ming Dao)

Orizzonti


Ovvio che la lupa vorrebbe scrivere così, ma dal momento che non ne è capace, si cosparge la coda di cenere...e si limita a condividere. A me questo libro ha dato molto.


"CANNE

La maggiore utilità del Tao consiste nella sua vacuità.
E' il vuoto all'interno delle canne che le fa divenire flauti.
E' il Tao del respiro che è il movimento dell'universo.
Le canne da sole non possono produrre musica.


Le canne producono musica perché sono vuote. Ma il vuoto da solo non è sufficiente.E' necessaria anche una determinata lunghezza. Una volta che viene stabilita la giusta lunghezza del vuoto, il timbro della canna è certo. Non è possibile mutarlo: la canna resta fedele alla sua natura.
Un flauto è la stessa cosa, ma ha dei fori supplementari. Altre nullità - per la delizia dei seguaci del Tao! Ma queste nullità devono essere poste alle giuste distanze, se vogliamo che la natura del flauto - derivata dalla definita lunghezza del nulla - sia fedele. In ogni caso, il Tao afferma che senza questa nullità lo strumento non sarebbe di alcuna utilità.
Ma chi utilizza quella nullità?
Se la musica fosse nelle canne, allora esse produrrebbero musica anche se fossero immobili, posate su una roccia. Ma non possono. E' il suonatore che fa la musica.
Perciò non sprecate il vostro tempo a guardare lo strumento. Ascoltate il suonatore. Respirerete attraverso il nulla.
Com'è possibile che basti così poco a commuovere tanto una persona?"


Commento di Riyueren: mi accorgo che il mio passo di lupa, a volte ancora incerto, a volte più sicuro, mi porta a Camminare in Bellezza su sentieri che attraversano terre prive di confini, terre di orizzonti.

Difficile distinguere me stessa da quello che mi circonda, da tanto mi sento sempre più parte del tutto. Sono la canna, il flauto, forato sia da me sia dalle mani del dolore, ma accarezzato dai sogni, sono il Suonatore e colei che ascolta respirando attraverso il nulla, e sono il vento che attraversa la mia nullità in tutta la sua lunghezza.

Ora il timbro è certo. La canna resta fedele alla sua natura. Ed il suo pensiero è un sussurro che passa tra i rami della mente. E questo sussurro è musica. Un'altra orma che lascio. Una traccia di me, un segnale sul cammino: venite pure, qui non c'è pericolo, la strada è sicura. E il Paesaggio toglie il fiato. Andremo avanti, uno per uno, come lupi e pellegrini solitari.

Ci sono molti modi per stare insieme, anche nella lontananza.