Sospesa galleggio
in forme di parole
contenitori
confini temporali
piogge acuminate
spigoli del dove
nell'incerto quando
vado
a contrastare il vento
trema il mio volo
Sorpresa altrove
foglia di suoni
stagione che dissolve
alle radici
queste mani
Riyueren
Riflettevo su come fossi arrivata ad amare le parole, così tanto e così presto, nella mia vita.
Pensavo, scioccamente, ora me ne rendo conto, che se fossi riuscita a trovare le parole per esprimere le sensazioni, le emozioni che mi abitavano, finalmente le persone con cui vivevo mi avrebbero compresa e, di conseguenza, accettata e magari amata, anche.
In realtà a nessuno qui interessava ascoltare un'altra lingua se non la propria e non avevano certo voglia e tempo di impararne un'altra: alla fine le mie parole non erano che suoni incomprensibili e segni indecifrabili.
Per molti, ora ho capito, le parole non sono, non debbono essere, che contenitori: tu le offri come un dono ma quasi tutti si fermano all'involucro esterno, alla forma. Non vedono, non vogliono, altro: una bella carta possibilmente luccicante e infiocchettata ma dentro, per amor del cielo, niente, meglio il nulla che una qualche sorpresa.
Meglio l'ovvietà del vuoto piuttosto che un brulichio di significati e qualche emozione da sgrovigliare.
Magari tu dentro al pacchetto di parole ci hai lasciato un'anima ferita molte volte: a nessuno importa veramente, anzi, la vista del sangue, quando addirittura non spaventa, fa schifo.
Così tu arrivi a portare altrove il tuo volo, controvento, controcorrente.
E le parole le tieni per te, ti ci avvolgi e ti regali a te stessa.