Amo osservare le radici. Le ho sempre amate. Ora amo anche fotografarle.
Mi piace sentire la loro forza dentro ai miei occhi.
Sono così vive … penso alla linfa che scorre e nutre la pianta, dalla corteccia alla piccola foglia, dal ramo alla gemma … e mi sembra di avere anche in me quella linfa, che sa di piogge e di giorni di sole … e forse ha la stessa natura del vento e del mio respiro.
Silenziosamente, le radici mi parlano di terra e di ricordi, dissolvono le mie paure così come allontanano o spezzano le pietre che incontrano: se sono troppo grosse le avvolgono, così che anche le pietre diventano parte dell’albero.
Le radici insegnano la saggezza e lo fanno con pazienza. Stagione dopo stagione.
Mi hanno detto che la malattia è l’inverno del corpo … nell’oscurità, l’anima germoglia le sue gemme, non importa quali mani raccolgono i frutti.
Mi piace seguire le radici con lo sguardo nel loro penetrare il terreno e sparire: io so che continuano il Cammino.
Le immagino correre attraverso il mondo per arrivare al centro della mia essenza, in quel loro ancorarsi notturno così simile al sogno e all’amore.
Sono pellegrine e vagabonde, radici nomadi che restano (e insieme vanno) per sempre. Mi assomigliano, in questo.
Riyueren
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