Niente profumo
Petali senza Tempo
Vita apparente.
Alla Bellezza esterna
Non corrisponde un centro.
Riyueren
Petali senza Tempo
Vita apparente.
Alla Bellezza esterna
Non corrisponde un centro.
Riyueren
… sono fiori … di plastica, colori splendidi ma … ricoprono forme senza vita.
La vita è un odore, non deve essere necessariamente un profumo gradevole … ma deve “sapere” di qualcosa, anche puzzare, se è il caso.
Penso agli odori che salgono da terra quando ha smesso di piovere, agli odori del corpo che ci dicono che siamo vivi …
E penso anche che la bellezza non si ottiene con l’artificio, se non è anche all’interno, al di fuori è una superficie che può reggere per un po’, come una stoffa, ma poi finisce per “mostrare la corda”.
Come voler coprire una puzza con un profumo: dopo un po’, se non elimini la fonte della puzza, il profumo svanisce e la puzza sembra ancora più forte.
Ho fotografato quei fiori di plastica, con amore, come faccio sempre ogni volta che i miei occhi si posano da qualche parte (e lo fanno spessissimo, non fosse altro che per leggere il labiale o vedere nella natura quello che di lei io non posso più ascoltare).
Mi permetto di paragonarli a noi (dis)umani e mi permetto di farlo a modo mio: ci sono malattie che ci colpiscono nel corpo, altre che colpiscono la mente. Le prime si vedono ad occhio nudo, per le altre ci vuole uno sguardo un po’ più profondo … compassionevole, perché bisogna sapersi mettere al posto dell’altro, saper comprendere, saper com-patire.
Per vederle occorrono gli occhi del cuore.
E infine, così come ci sono malattie congenite del corpo e della mente, io credo che ce ne siano anche dell’anima.
Non serve uno sguardo particolare: basta accendere la tivù e dare un’occhiata a quello che succede in giro.
Congenite (vere e proprie minorazioni) e temo persino assai contagiose …
(Orwell è stato un veggente migliore rispetto a Nostradamus.
Decisamente molto più comprensibile.
E realistico. Purtroppo).
La vita è un odore, non deve essere necessariamente un profumo gradevole … ma deve “sapere” di qualcosa, anche puzzare, se è il caso.
Penso agli odori che salgono da terra quando ha smesso di piovere, agli odori del corpo che ci dicono che siamo vivi …
E penso anche che la bellezza non si ottiene con l’artificio, se non è anche all’interno, al di fuori è una superficie che può reggere per un po’, come una stoffa, ma poi finisce per “mostrare la corda”.
Come voler coprire una puzza con un profumo: dopo un po’, se non elimini la fonte della puzza, il profumo svanisce e la puzza sembra ancora più forte.
Ho fotografato quei fiori di plastica, con amore, come faccio sempre ogni volta che i miei occhi si posano da qualche parte (e lo fanno spessissimo, non fosse altro che per leggere il labiale o vedere nella natura quello che di lei io non posso più ascoltare).
Mi permetto di paragonarli a noi (dis)umani e mi permetto di farlo a modo mio: ci sono malattie che ci colpiscono nel corpo, altre che colpiscono la mente. Le prime si vedono ad occhio nudo, per le altre ci vuole uno sguardo un po’ più profondo … compassionevole, perché bisogna sapersi mettere al posto dell’altro, saper comprendere, saper com-patire.
Per vederle occorrono gli occhi del cuore.
E infine, così come ci sono malattie congenite del corpo e della mente, io credo che ce ne siano anche dell’anima.
Non serve uno sguardo particolare: basta accendere la tivù e dare un’occhiata a quello che succede in giro.
Congenite (vere e proprie minorazioni) e temo persino assai contagiose …
(Orwell è stato un veggente migliore rispetto a Nostradamus.
Decisamente molto più comprensibile.
E realistico. Purtroppo).