martedì 29 giugno 2010

Fiori (di plastica)

Fiori (di plastica)


Niente profumo
Petali senza Tempo
Vita apparente.

Alla Bellezza esterna
Non corrisponde un centro.

Riyueren
 
… sono fiori … di plastica, colori splendidi ma … ricoprono forme senza vita.

La vita è un odore, non deve essere necessariamente un profumo gradevole … ma deve “sapere” di qualcosa, anche puzzare, se è il caso.


Penso agli odori che salgono da terra quando ha smesso di piovere, agli odori del corpo che ci dicono che siamo vivi …

E penso anche che la bellezza non si ottiene con l’artificio, se non è anche all’interno, al di fuori è una superficie che può reggere per un po’, come una stoffa, ma poi finisce per “mostrare la corda”.

Come voler coprire una puzza con un profumo: dopo un po’, se non elimini la fonte della puzza, il profumo svanisce e la puzza sembra ancora più forte.

Ho fotografato quei fiori di plastica, con amore, come faccio sempre ogni volta che i miei occhi si posano da qualche parte (e lo fanno spessissimo, non fosse altro che per leggere il labiale o vedere nella natura quello che di lei io non posso più ascoltare).

Mi permetto di paragonarli a noi (dis)umani e mi permetto di farlo a modo mio: ci sono malattie che ci colpiscono nel corpo, altre che colpiscono la mente. Le prime si vedono ad occhio nudo, per le altre ci vuole uno sguardo un po’ più profondo … compassionevole, perché bisogna sapersi mettere al posto dell’altro, saper comprendere, saper com-patire.

Per vederle occorrono gli occhi del cuore.

E infine, così come ci sono malattie congenite del corpo e della mente, io credo che ce ne siano anche dell’anima.

Non serve uno sguardo particolare: basta accendere la tivù e dare un’occhiata a quello che succede in giro.

Congenite (vere e proprie minorazioni) e temo persino assai contagiose …

(Orwell è stato un veggente migliore rispetto a Nostradamus.

Decisamente molto più comprensibile.


E realistico. Purtroppo).

giovedì 24 giugno 2010

L'albero

Nebbia


C’è una gioia nel tronco,
un sorriso nascosto riveste il silenzio.
La corteccia è serena,
nel suo centro fluisce l’essenza:
ha i colori del tempo,
come dopo una pioggia d’istanti felici.
Si ravviva il mio cuore:
ogni giorno è una goccia di suono
all’interno di un flauto di carne.
Il respiro accarezza le foglie
e mi danzano venti leggeri.
Le radici notturne hanno sete di luce:
avrò acqua di stelle.

Certo viene il dolore a cimare orizzonti
sulla punta del cielo:
avrò nuovi germogli, di nuvole e sogni!
Nuovi rami da tendere al sole...

Riyueren

Arcobaleno

sabato 19 giugno 2010

Coccinella

Coccinella


Gira la ruota
E cambia la fortuna
Insieme al vento.

Come una coccinella,
Libera nella pioggia.

Riyueren


La coccinella rossa con i suoi puntini neri, subito dopo la pioggia, conserva sul dorso due piccole gocce d’acqua e se ne sta quieta sulla punta della sua piantina preferita.

Sta in mezzo all’erba, in un prato di papaveri, ma questo, nella foto, non si vede.

Quante volte noi guardiamo qualcosa senza vederlo veramente … e quante altre volte ancora vediamo solo quello e non il contesto, cioè le altre cose che lo circondano, che lo hanno fatto essere quello che è ora … o che gli hanno impedito di essere come avrebbe potuto essere ora … (?) noi, che spesso non ci accorgiamo, nel giudicare il mondo, di quanto lui ci somigli … anche quando lo condanniamo senza possibilità di appello …

“Io ti vedo” (uno splendido film, “Avatar”, che ho potuto gustare prima con gli occhi che con i sottotitoli): ti vedo con gli occhi del mio cuore, coccinella rossa dai puntini bagnati, ti sfioro con la mia anima … no, non è il vento, sono io che respiro piano per non disturbare … io che ti guardo e vivo attraverso di te, che ti porti via un poco del mio tempo e mi dai in cambio la Bellezza … un respiro in più, e più profondo.

E quando tu voli via, al di sopra dei papaveri, in me rimane la tua orma, impressa nella memoria … in questa notte di cui forse noi condividiamo le stelle.

Vola, mia piccola amica. Vola tra queste pagine blu del mio giardino, vola alto, e guarda il mondo da lassù, un poco anche per me, che rimango in piedi sul prato con la macchina fotografica tra le mani e gli occhi un poco bagnati, (ma tu ed io sappiamo che non è per la pioggia): faccio la guardia ai papaveri amici, che la pioggia non li sciupi, ma gli regali un bel rosso vivo per qualche giorno ancora. Ed anche una buona fortuna …
 
Goccia

venerdì 18 giugno 2010

Falling memories

Questa foto è del mio caro amico flickeriano, LUIGI MANCINI: come ormai sapete, capita che Luigi mi chieda delle parole per accompagnare le sue foto. Queste parole, a dire il vero, titolo compreso, come da richiesta, le ho scritte non appena l'ho ricevuta via fickrmail, ma non ne ho fatto un post...le ho tenute dentro di me....sino ad oggi. Volevo trovare qualche altra parola ancora...

Falling memories
Sulla carne il tuo tempo
Mi ha messo un sigillo di sguardi.
Ora all’anima spoglia d’istanti
Son rimaste due piccole ali.
Danzerei il tuo respiro, come il vento una foglia.
Volerei, se potessi staccarmi da terra:
Sulle piume del cuore ho pensieri di pioggia.


Riyueren


Cadono le memorie abbracciate al silenzio, in questo cielo che avevo preparato apposta per far volare i ricordi … che cosa è rimasto a terra, io non lo so. Che cosa tornerà a volare ancora … non so neppure questo.

Ci sono anche dei vestiti sparsi tutt’intorno, vestiti che non indosserò più. Come ci si può vestire solo di parole? Non riparano dal freddo, almeno..non sempre, specie quando sono più fredde dell’inverno.

Le parole sono importanti e preziose, non sono maschere di carnevale da mettersi sull’anima.

I sorrisi di cartapesta … quelli non illumineranno mai un cuore: il mio, no di sicuro.

Ho bisogno di cieli sereni e di luce … troppa pioggia, ultimamente. E troppe ombre.






martedì 15 giugno 2010

Adivasi

LE FOTO QUI INSERITE SONO STATE SCATTATE DALLA SOTTOSCRITTA ED HANNO L'AUTORIZZAZIONE DEI CURATORI DELLA MOSTRA .

Castello D'Albertis - mostra Adivasi


Questa mostra si è conclusa da un po’ di tempo: non ne ho scritto subito … e c’è un motivo.

Guardo le foto che ho scattato, nelle due sezioni: la prima al Castello d’Albertis, la seconda a Palazzo Bianco.


Guardo le foto … gli appunti che ho preso … e non trovo le parole … se non per domandarmi quanto servano veramente, le parole.

Soprattutto le parole scritte.

I “soggetti” della mostra, gli Adivasi, sorriderebbero.


Perché loro, come dice il nome,  sono gli “abitatori originari”, i nativi dell’India.

E loro “sanno”… la parola è magica, sì, ma solo quando è “detta”, quando l’anima di chi la pronuncia si lega interamente al respiro e non si riduce a farsi confinare su di un foglio … (che poi qui non c’è neppure il profumo vivo della carta, il fruscio delle pagine, la danza di una penna … solo un martellamento di tasti) …

Adivasi


Non c’è molto, sugli Adivasi, in rete …

La loro storia è legata all’invasione degli arii (o indoeuropei) nel secondo millennio.  Inizia così la storia del termine “casta” o meglio “varna”, che significa colore, ed in un primo tempo marca la suddivisione tra dominatori ( indoeuropei di pelle chiara) e indigeni (di pelle scura).

La loro memoria è legata alla tradizione orale quindi immaginatela sotto l’incalzare della cosiddetta “modernità”.

Eppure gli Adivasi costituiscono l’8% della popolazione … complessivamente sessanta milioni di persone (alcuni popoli contano poche migliaia di invidui, altri arrivano a qualche milione) : sono gruppi tribali, la costituzione Indiana ne riconosce 212, definendoli “tribù catalogate” … in realtà sono 250 e abitano in prevalenza negli stati centrali ed orientali della federazione.

Vivono ai margini della società,discriminati dalla maggioranza hindu, che ha usurpato le loro terre: già, hanno anche il “vantaggio” di vivere in territori ricchi e quindi … molto ambiti.


Mostra Adivasi


Non posso non notare un parallelo con i Nativi Americani.

Gli inglesi volevano ridurre gli Adivasi in riserve, gli hindu cercavano di cambiarli: non è gradito infatti il loro uso di alcol, le pratiche di convivenza (che avvengono durante una festa particolare) tra ragazzi e ragazze prima del matrimonio, il culto forse di una Dea Madre, una religione pare monoteista.

Prima della mostra pare ci sia stato un eccidio in conseguenza delle loro proteste causate dalla distruzione di una foresta.

A nord, vicino al Bihar, c’è uno stato tutto di Adivasi: molti sono cristiani, e così vengono massacrati da musulmani e induisti.
Adivasi


Mi pare quindi di capire che in quel poco che ho trovato su di loro in rete … c’è molto dolore.

Nella mostra che ho visitato, invece, c’è molto amore.

Per prima cosa nei collezionisti e insieme fantastici fotografi, Claudio Tirelli e Roberta Ceolin: gli oggetti, i manufatti, i ritratti, tutto è stato raccolto con amore … e conservato … forse in attesa di poterlo restituire all’India, quando questa sarà “pronta” per gli Adivasi.

C'è amore anche nell'allestimento dei miei amici del CELSO (http://www.celso.org/).


E c’è amore negli oggetti stessi, si comprende semplicemente guardandoli, i colori, la vita, le divinità, alcune raffigurate su di un’altalena … un simbolo stupendo…
Adivasi


Una leggenda racconta che il ragno fu il primo tessitore e dall’osservazione del suo lavoro la donna apprese a tessere e l’uomo a costruire i ponti sospesi intrecciati di fibre.

I tessuti tradizionali vanno al di là dell’aspetto estetico, raccontano le storie della famiglia, del clan, del villaggio.

Si dice che la donna usi l’ago come una penna, e il telaio come un libro … non avevo mai pensato al ricamo come ad un diverso genere di scrittura.

E neppure immaginato mai un vestito da sposa tutto rosso.

Adivasi

Adivasi

C’è amore negli oggetti perché c’era in chi li ha lavorati.

Ora voglio smettere di scrivere, voglio lasciar parlare le immagini che ho scattato e scelto per voi.
Spero che anche lì troverete amore: il mio, stavolta.
Adivasi
                                                                                   "il carro dei nomadi"

Adivasi
                                                  "il carro dei nomadi: particolare del rivestimento"

Adivasi


Adivasi
                                                       "il carro dei nomadi: rivestimenti interni"

Adivasi
                                                                    "il carro dei nomadi: particolare"

Adivasi


Adivasi
                                                                       " Naga...i tagliatori di teste"

Adivasi


Adivasi


Adivasi


Adivasi


Adivasi


Adivasi


Adivasi

mercoledì 9 giugno 2010

Briciole

Insetto Colibrì


Non spezzo più parole insieme al pane
Raccolgo le mie briciole in silenzio.
Il Tempo è un fiore dentro cui volare.


Riyueren
Insetto Colibrì

Ho trovato su You Tube questo video, e non credo sia stato per caso...