sabato 10 luglio 2010

Nelle stanze della memoria

Il cielo (dalla pensilina del bus)

La Notte svela
Sorgendo nel mio cuore.
“Alba” è il suo nome.

Riyueren
Ho sempre amato molto le parole, quelle forme in cui modellare le mie sensazioni. Non le avevo mai viste come argini o confini … ma come cieli in cui poter volare, anche e soprattutto con le ali strappate.

Ma le parole presuppongono una lingua … ed una lingua presuppone una comprensione … 
È per questo che mi sono rivolta alle immagini: dove non arrivano le parole, ad illuminare le ombre, può arrivare un altro genere di luce … la Luce stessa, che traccia il mondo al di là e al di qua dei miei occhi.

Non un mondo soltanto … ma più universi.

L’altro giorno, però, ho fotografato delle memorie … e le memorie hanno bisogno di parole.

Così queste che vedete sono foto al di fuori di ogni canone estetico, vi sembreranno  diverse da quelle che si trovano qui, su questa mia terra, sul "Giardino", come voi chiamate ... Innerland, il mio cuore.

Non esiste un “prima”, per queste immagini, solo un “dopo”.

Il “prima” sta qui, dentro di me.

Ed ha bisogno di parole. Parole che solo io conosco, perché le ho vissute.
Memorie
Il cortile che vedete non era esattamente così, 48 anni fa: c’era il cemento (quante volte mi ci sono sbucciata le ginocchia)e c’è ancora, insieme alla stessa polvere, ai lati.

Ma quelle strisce bianche, sì, i posteggi, non c’erano ancora.

Dov’è finito quel muretto … quello alto, che faceva da aiuola all’albero di limoni? Neanche l’albero, c’è più.

Non ci sono più nemmeno le erbacce. I formicai … spariti …

E dove siamo finiti noi, noi bambini? Noi che eravamo tanti a correre, a giocare a pallone, al telefono senza fili, seduti tutti in riga su quel muretto?

A tracciare col gessetto le strade per la bici o le ipotetiche stanze di una casa (che era solo nella mia fantasia) sono rimasti i miei ricordi.

Memorie 2Da quel poggiolo, il secondo dal basso, la mamma mi gettava il pallone.

L’altro giorno ero lì : volevo fare due foto. Son rimasta col naso all’aria, meravigliandomi di non sentire il rumore dei rimbalzi della palla: ci sono suoni che ti restano nell’anima, come certi profumi.

Inutilmente ora io cerco nelle foto il giallo dei limoni, l’odore della terra, dell’asfalto riarso al sole d’estate, il brulichio delle formiche, le voci di quei bambini che eravamo, i campanelli delle nostre biciclette … 

... non c’è più neppure la mamma. Le stanze sono vuote di lei.

Un giorno lo saranno anche di me.

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